Proposto il bonus vacanze per incentivare la ripresa del turismo.

La proposta, che sarà discussa nei prossimi giorni, prevede
di dare alle famiglie che abbiano un reddito fra 7500 e 26000 euro annui, un
incentivo, deducibile in sede di denuncia dei redditi, fino a 325 euro, da
utilizzare per un soggiorno in Italia, di almeno 3 notti. Per fare un esempio,
diciamo che una singola persona avrà diritto a 100 euro, altri 100 per una
seconda persona, 75 per la terza, 50 per la quarta. Il tetto però potrebbe
essere aumentato fino a 500 euro ed è questa la cifra di cui ha parlato la
stessa Boschi, nella riunione della camera svoltasi il 21 aprile scorso.
La proposta era già stata appoggiata dal ministro delle Pari Opportunità Elena Bonetti e ha trovato fra gli altri l’interesse del governo regionale dell’Emilia-Romagna, come abbiamo visto in un altro articolo, nonché del ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini.
Molte critiche sono invece arrivate dalle associazioni del
settore, in particolare Federalberghi e Confturismo. Si contesta soprattutto il
fatto che le aziende hanno assoluto bisogno di interventi urgenti per non chiudere
definitivamente, il che renderebbe inutile qualsiasi buono vacanze. Il settore
turistico ha la particolarità di non poter immagazzinare l’invenduto. Di conseguenza
una camera vuota, un servizio non erogato, un pasto non consumato, non si
possono più recuperare. Per questo il danno in tempi di Coronavirus è enorme e
purtroppo ancora non si vede la fine di questa emergenza. Le proposte delle
associazioni del settore riguardavano invece la deducibilità dell’intera
vacanza che, a loro modo di vedere, avrebbe incentivato maggiormente le
famiglie.
Anche buona parte dell’opinione pubblica si schiera contro la
proposta dell’on. Boschi. Il punto focale è che se le famiglie hanno difficoltà
a mettere qualcosa in tavola, le vacanze sono l’ultimo dei loro pensieri. Difficilmente
si può pensare che ad un lavoratore in cassa integrazione possa interessare un
aiuto per una vacanza che non potrà comunque fare. In tutti i casi sarebbe
comunque un aiuto minimo e non immediato, visto che si parla non di buono in
contanti, ma di una detrazione. Quindi una famiglia dovrebbe pagare la vacanza
per intero, salvo poi avere la possibilità di scaricarla dalle tasse e quindi il
vantaggio sarebbe solo nell’anno successivo.
È una soluzione che ci lascia perplessi, proprio perché a
beneficiarne nell’immediato sarebbe solo la struttura ricettiva e non la
famiglia in vacanza. Però c’è anche chi dice che ben venga di questi tempi
qualunque incentivo per quanto piccolo sia, per aiutare un settore scaraventato
in una profonda crisi. È questa, per esempio, la posizione del CNA Turismo,
unica organizzazione del settore a pensarla fuori dal coro.
In attesa che una proposta per il settore turistico venga
approvata, alcune imprese del settore hanno cominciato a prepararsi per una
stagione estiva che a tuttora si presenta molto incerta. Sorvoliamo sulle
proposte degli ombrelloni attorniati dal plexiglass, cosa francamente
inaccettabile. L’attività principale in questi giorni è la sanificazione, nonché
la riflessione sulle lacune e sui servizi che si possono migliorare; in questo
periodo c’è molto tempo per pensarci.
Concludiamo illustrando una situazione reale di cui siamo a conoscenza,
per vedere a quali paradossi si è arrivati con l’emergenza sanitaria. La moglie,
lavoratrice stagionale nel turismo, a febbraio era arrivata sulla riviera di
Ponente per iniziare la stagione, mentre il marito, pensionato, era rimasto a
casa con l’idea di raggiungerla durante i week-end. Il Coronavirus ha fatto sì
che lei rimanesse bloccata, senza lavoro per mancanza di prenotazioni e senza
la possibilità di muoversi, causa le restrizioni riguardanti gli spostamenti. A
tuttora la coppia è ancora fisicamente separata, dopo quasi tre mesi, senza avere
la più pallida idea del momento in cui riusciranno a rivedersi.
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