Intervista a Giancarlo Gonizzi.
Dott.
Gonizzi, lei è Coordinatore dei Musei del Cibo; da dove viene l’idea di questo
circuito turistico?
Parma
vanta un indiscusso primato in campo alimentare. L'attuale posizione di leadership si fonda su un lungo processo
che affonda le proprie radici nella storia e prende l'avvio in epoca preromana
con una forte caratterizzazione data dall'allevamento, in special modo suino, e
dalla conservazione delle carni, favorita dalla presenza in loco di sorgenti di
acqua salata.
Lo
sviluppo economico del XIII secolo e la vasta azione di bonifica delle zone
acquitrinose della pianura intrapresa dagli ordini monastici (Cistercensi e
Benedettini), consentiranno l'estensione del pascolo stabile e porranno le
premesse per la messa a punto delle tecnologie di produzione del formaggio
Parmigiano. La crescita dell'attività casearia finirà col trainare a sua volta
lo sviluppo dell'allevamento suino, che trovava e tuttora trova negli avanzi della
lavorazione del Parmigiano, eccellente materia prima per l'alimentazione degli
animali.
Nell’Ottocento
poi si assiste allo sviluppo dell’industria conserviera (pasta e pomodoro) che
stimolerà la nascita di una industria meccanica specializzata.
A
partire dal XVI secolo Parma ha saputo far tesoro delle innovazioni
gastronomiche che la presenza di una Corte e di personale "straniero"
portava, affiancando ai propri prodotti di qualità gusto e raffinatezza di
elaborazione.
La
cultura del cibo darà vita ad una serie significativa di strutture - dalla
Stazione Sperimentale al Centro Lattiero Caseario, dalla Fiera delle Conserve
alla Scuola Internazionale di Cucina - destinate a promuovere in maniera
esponenziale il settore agro-alimentare, che si arricchirà anche di importanti
tecnologie messe a punto dalle realtà artigianali e industriali parmensi. Su
questo “patrimonio” culturale appoggiano i presupposti per la realizzazione di
un circuito di musei dedicati alle produzioni alimentari locali di qualità .
Qual è
stata l’idea che ha portato alla loro creazione e quanto è stato difficile
allestirli?
Il
turista che giungeva a Parma, richiamato dalla fama dei suoi prodotti, non
aveva modo di “conoscerli” se non sulla tavola del ristorante. Troppo poco e
non così “memorabile” da giustificare il viaggio. La produzione alimentare, per
la sua delicatezza, non sempre si presta ad accogliere i visitatori nei luoghi
di produzione e, anche quando questo è possibile, la sola tecnologia produttiva
non è sufficiente a raccontare tutto il patrimonio culturale che si è
stratificato nei secoli. Partendo da questa considerazione l’Amministrazione
provinciale di Parma nel 1999-2000 elaborava un progetto di valorizzazione
culturale del comparto agroalimentare parmense, da un lato lavorando alla
creazione di ALMA, la Scuola internazionale di cucina italiana, dall’altro progettando
un circuito di musei, disseminati sul territorio, capaci di valorizzare sia il
territorio stesso che i prodotti. Il progetto, di ampia visione e lunga durata,
è partito con la progettazione complessiva del circuito e la ricerca dei
finanziamenti per i singoli progetti, che si sono succeduti, cadenzati secondo
i vari piani di sviluppo, nell’arco di un quindicennio. Nel 2003 è stato
inaugurato il Museo del Parmigiano Reggiano a Soragna, nel 2004 il Museo del
Prosciutto a Langhirano e del Salame a Felino. Nel 2010 ha aperto il Museo del
Pomodoro a Collecchio, nel 2014 il Museo della Pasta sempre a Collecchio e il
Museo del Vino a Sala Baganza; nel 2018 è stato allestito il Museo del
Culatello a Polesine. È in corso la realizzazione del Museo del Fungo Porcino a
Borgotaro. Con questo il circuito raggiungerà la sua completezza con otto
strutture dislocate lungo un percorso che attraversa il territorio provinciale
da nord a sud, dal grande fiume Po all’Appennino. Garantire il completamento
del progetto in un arco temporale così ampio, con cambi di amministrazione
pubblica e di amministratori, è stato possibile grazie alla costanza della
Associazione no profit che gestisce i
Musei del Cibo, guidata per oltre dieci anni da Albino Ivardi Ganapini, che, da
Assessore provinciale, aveva dato vita al progetto iniziale. Va considerato che
all’epoca il turismo gastronomico non era ancora esploso nella sua consistenza
attuale e che il progetto era una vera sfida lanciata al futuro. Sfidante anche
elaborare un registro narrativo coerente e adeguato per un genere di musei –
quelli di prodotto – non ancora accreditati e all’epoca con pochissimi esempi
sul territorio. L’ulteriore sfida era data dalla capacità dei Musei di divenire
elemento di diffusione della cultura alimentare presso le nuove generazioni:
non solo tappa di tour turistici, ma
anche luogo di elaborazione e disseminazione della cultura.
Il
territorio di Parma è vocato alla cultura gastronomica; quanto hanno contribuito
i Musei del Cibo a diffonderla, attraverso i suoi visitatori?
Dal
2003 ad oggi i Musei del Cibo – ricordando che le aperture delle sedi sono
state scaglionate negli anni – hanno accolto oltre 260.000 visitatori. Un numero impressionante se
pensiamo alle piccole dimensioni delle varie strutture e alla loro dislocazione
sul territorio che ne limitano inevitabilmente l’accesso. Ma chi li ha visitati
ha potuto cogliere l’intimo legame esistente fra produzioni locali e territorio
e comprendere come simili prodotti d’eccellenza non possano essere realizzati
altrove. Questo ha reso peculiare il ruolo di Parma nell’agroalimentare. Se,
infatti, posso realizzare macchinari o libri o tessuti in qualunque luogo del
pianeta, capire che il Parmigiano Reggiano o il Prosciutto di Parma possono
essere prodotti solo in questa terra, la rende unica. Ovviamente i Musei non
sono i soli “testimoni” di questa realtà ; si affiancano agli Enti pubblici, ai
Consorzi, alle Associazioni di categoria, alle strutture produttive, al mondo
del turismo e dell’accoglienza, alle Fiere, alla Scuola e all’Università . Tuttavia,
quando un messaggio proviene da un museo, realtà culturale specifica – o da un
sistema museale – ha una sua forza e credibilità maggiori. Se la visita al
museo si configura come un’esperienza, capace di coinvolgere la persona tutta
intera – vista, udito, tatto, olfatto, gusto e intelligenza – allora il
messaggio assume una forza e una durata straordinarie, ben superiori a
qualunque “comunicazione” spesso scalzata da altre nuove comunicazioni.
Qual è il
tipo di turista che viene a visitare i Musei del Cibo?
Nel
2019 il circuito dei Musei del Cibo ha accolto 30.000 visitatori. Di questi il
40% è costituito dalla popolazione scolastica, in gran parte proveniente dal
territorio, ma anche da tutta l’Italia settentrionale. Un 30% è costituito dai
gruppi organizzati, provenienti in massima parte dalle regioni nord del Paese.
Il rimanente 30% è formato dalle famiglie, che vogliono proporre ai propri
figli un’esperienza didattica e dai turisti stranieri, particolarmente
interessati a conoscere la cultura dei nostri prodotti. Grazie al sostegno
della Fondazione Cariparma è stato possibile dotare il circuito di un nuovo
sito web bilingue e tutte le sette
strutture di audioguide in italiano, inglese e francese rendendo molto più fruibili
i musei agli stranieri. E sono proprio gli stranieri ad utilizzare sempre più
spesso il sistema di prenotazione on line
sviluppato dai Musei del Cibo, fra i primi nel Parmense.
Attualmente,
in tempo di emergenza sanitaria, non potendo visitarli, in che modo ci si muove
per dare loro visibilità ?
I
Musei del Cibo non sono solo visita, ma anche diffusione della cultura
alimentare. Per questo, dal mese di aprile, è partito il progetto “I Musei del Cibo a casa vostra”. Un
programma settimanale che mette a disposizione di tutti e gratuitamente una
serie di contributi in forma digitale. Il lunedì il Coordinatore racconta
eventi e protagonisti legati ai prodotti dei singoli musei, il martedì i
bambini possono svolgere una attività legata ai temi della scienza e della
cultura gastronomica, il mercoledì lo chef propone una ricetta con uno dei
prodotti, il giovedì, collegandosi in diretta con una piattaforma interattiva,
è possibile partecipare a distanza a laboratori scientifici; il venerdì il
Conservatore dei Musei narra alcuni oggetti particolari conservati nelle varie
sedi; il sabato è possibile leggere e contribuire alla stesura di “Favole al
Museo”, condivise, scritte e illustrate a più mani. La diffusione di questo
impegnativo programma, che coinvolge l’intero Staff dei Musei del Cibo, si
avvale di diversi canali – dal sito Internet, alla Newsletter, al canale Youtube,
alla pagina FB e Instagram – ma può contare anche sul supporto del quotidiano locale,
la “Gazzetta di Parma”, che sul proprio sito diffonde quotidianamente i vari
contributi, permettendo di raggiungere migliaia di contatti. Il programma
continuerà fino a fine giugno, quando ormai i musei saranno nuovamente
visitabili e accessibili in sicurezza, contribuendo a informare delle nuove
modalità di visita. Sarà infatti possibile ai visitatori scaricare
gratuitamente le audioguide sui propri smartphone
personali e seguire in autonomia la visita, o giocare in famiglia con
“Museoquiz”, una specie di “caccia al tesoro”, realizzata con il sostegno della
regione Emilia-Romagna, che si snoda in ogni museo alla ricerca di storie
accattivanti e di curiosità legate ai singoli prodotti.
Conoscendo
le vostre iniziative attraverso la newsletter, si può notare che coinvolgete molto
spesso le scuole; ci vorrebbe parlare degli obbiettivi di queste iniziative
scolastiche?
I
nostri prodotti alimentari d’eccellenza sono figli del territorio ma sono
eredità delle generazioni che ci hanno preceduto, che li hanno elaborati e ce
li hanno consegnati. Un patrimonio straordinario in termini di conoscenze e di
potenzialità future. Per questo è fondamentale che le nuove generazioni
conoscano il territorio e i suoi prodotti. Non si può amare ciò che non si
conosce. I Musei del Cibo propongono un ampio ventaglio di attività didattiche
per le scuole, laboratori, visite speciali ed esperienze animate che vogliono
contribuire a far conoscere ai nostri ragazzi questa realtà . Hanno poi
sviluppato un rapporto particolare con le “Scuole di prossimità ” ovvero con quegli
Istituti che hanno sede nelle stesse località ove si trovano i musei. Con
queste scuole viene realizzato un programma più ampio di visite e di attivitÃ
congiunte, che spesso sfocia in mostre o iniziative che vedono i singoli Musei
come “aule didattiche” per le scuole. Vi è anche una attività particolare
rivolta alle scuole superiori professionali (agricoltura, turismo e
accoglienza) finalizzata alla formazione specifica e la partecipazione a
progetti europei di formazione e di condivisione di buone pratiche che ha messo
i Musei del Cibo di Parma in relazione con strutture museali degli altri Paesi
europei. Il ruolo di formazione dei Musei del Cibo si affianca a quello
turistico in senso stretto, ma ne costituisce, in qualche modo, il presupposto:
senza formazione i nostri prodotti sono destinati a scomparire e, con loro,
anche l’esperienza turistica. Viceversa, una formazione continua e di qualità ,
che abbracci non solo gli aspetti tecnici, ma coinvolga l’intero patrimonio
culturale, è strumento formidabile di costruzione del futuro.
Tanti
sono gli aneddoti che riguardano i prodotti d’eccellenza del Parmense. Ce ne
potrebbe raccontare uno sul Parmigiano, uno sul Prosciutto e uno sul Culatello?
I
prodotti di Parma hanno iniziato a girare il mondo fin da tempi lontani. Non
sono cioè rimasti legati solo ad un consumo locale, ma la loro qualità li ha
fatti apprezzare ovunque. Per questo mi piace ricordare alcune testimonianze
particolari. Del formaggio Parmigiano parla già Giovanni Boccaccio nel 1353 in
una novella del Decamerone,
collocando nell’immaginifico “Paese di Bengodi” una montagna d formaggio grattugiato.
Ma è nel 1666 che, durante il grande incendio di Londra, Samuel Pepys, ricorda
nel suo diario come fra le poche cose sepolte in una buca scavata in giardino
per preservarle dalla devastazione delle fiamme, vi fosse, con i conti, il
violino e alcune bottiglie di vino anche una forma di Parmigiano a testimoniare
la fama internazionale ormai raggiunta da questo prodotto. Sarà invece
Napoleone Bonaparte, affascinato, in occasione della sua visita a Parma il 25
giugno 1805, dalla capacità di Medardo “näs
dols - naso dolce” di scegliere i migliori prosciutti con una fibula di
osso di cavallo, a garantire la circolazione dei Prosciutti di Parma in tutto
il territorio dell’Impero. Ad un altro grande è invece legato il nome del
Culatello. È Gabriele D’Annunzio a scrivere nel 1931 all’amico Renato Brozzi, “cupidissimo” di quella “salata e rossa compattezza porcina” che
collocava fra le cose eccellenti di cui amava circondarsi. Tutte testimonianze
della qualità e della fama dei prodotti della terra parmense.
Quest’anno
non è stato possibile inaugurare il Museo del Fungo Porcino, l’ottavo museo. Si
riesce a prevedere una sua prossima apertura?
Il
progetto del Museo del Fungo Porcino è in corso di elaborazione e, in virtù
della convenzione siglata dai Comuni di Borgotaro, Albareto, Unione dei Comuni
dell’alta Val Taro e Regione Emilia-Romagna con il supporto fondamentale del
Gal del Ducato, dovrà aprire al pubblico entro la fine del 2021. È già stata
individuata la sede e la progettazione è in corso.
Lei si
occupa anche di Academia Barilla, una scuola di alta cucina. Non è l’unica sul territorio;
c’è anche Alma. Quali sono le caratteristiche che le differenziano? C’è
concorrenza fra di loro?
Le
due scuole sono complementari fra loro, rivolgendosi a target diversi. Mentre ALMA organizza corsi annuali o pluriennali rivolti
a giovani che vogliono intraprendere l’attività della ristorazione (chef, sommelier, personale di sala,
pasticceri...) Academia Barilla propone corsi brevi di aggiornamento a chi giÃ
esercita l’attività professionale o a chi, a titolo di interesse personale,
vuole approfondire il tema gastronomico. Academia, inoltre, promuove la
diffusione della cultura gastronomica italiana nel mondo attraverso le sue
pubblicazioni e alla straordinaria Biblioteca gastronomica (oltre 15.000
volumi), in rete e aperta al pubblico, che favorisce lo studio e la ricerca,
rivolgendosi sia agli studenti di Scienze Gastronomiche sia ai professionisti della
comunicazione. L’organizzazione, inoltre, di numerosi eventi di approfondimento
preso la sede di Academia intende contribuire a diffondere la cultura del cibo
e ad innalzare il livello qualitativo degli operatori.
Nell'ultimo decreto, quello cosiddetto del Rilancio,
si è avuta l'ufficialità che Parma sarà Capitale della Cultura 2021. Le
iniziative già ideate per quest'anno potranno ancora essere valide o
sarà necessario cambiare qualcosa?
Le
iniziative già programmate e sospese potranno essere riproposte con un nuovo
calendario, ma credo che si renderà necessario adeguare il taglio della
comunicazione e alcune modalità di attuazione. L’attività , partita con grande
slancio e in maniera estremamente positiva era riuscita a galvanizzare
l’attenzione del Paese. Ora, dopo l’epidemia, si renderà necessario ricreare il
clima e lo stimolo per far giungere a Parma i visitatori. Dopo mesi di “vita
virtuale” motivare ad una presenza in loco richiederà grande impegno. Ma anche
il tema generale delle manifestazioni avrà necessità di essere aggiornato e
adeguato in modo da recepire le nuove sensibilità maturate in questi mesi.
Credo tuttavia che il patrimonio straordinario di Parma – arte, musei, musica,
teatro, cinema, gastronomia – continuerà ad essere una chiave per il successo
dell’iniziativa: in questi mesi è emersa – fortissima – nella vivace attivitÃ
virtuale, l’importanza della storia e dell’arte come collante della nostra
identità . È la nostra quotidianità che ci spinge comunque a cercare – altrove –
quello che ci manca. La bellezza di Parma, dei suoi monumenti, dei suoi musei,
del suo territorio, rimane un elemento luminoso, capace di attrarre chi è alla
ricerca di un’esperienza vera e profonda.
Ringraziamo il Dott. Gonizzi per la sua disponibilità e non dimentichiamo la visita guidata online ai Musei del Cibo e, appena sarà possibile, quella dal vivo. Possiamo garantire che ne vala la pena.
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