STORIA DEL CIBO: L’ANTICA GRECIA.
Con questo post iniziamo oggi
una serie di articoli riguardanti la storia del cibo. Percorreremo la storia
senza preoccuparci della cronologia, ma inizieremo comunque dal mondo antico.
In questo primo post parliamo dell’Antica Grecia.
La cucina greca era imperniata
su tre ingredienti fondamentali: frumento, olio d’oliva e vino. L’importanza di
questi tre elementi va al di là del semplice fatto alimentare: lo storico
Plutarco racconta che gli Ateniesi, arrivati all’età adulta, giuravano fedeltà
alla patria, definita come la terra in cui crescono grano, olive e vino. Questi
tre ingredienti coprivano comunque il fabbisogno degli ellenici riguardo a
calorie, proteine e grassi. Anche l’orzo era molto usato e proprio da questo
cereale deriva quello che poi diventerà il piatto tipico della Grecia antica:
la Maza.
Si trattava di una focaccia a
base di farina d’orzo o altri cereali, addizionata con acqua, miele o latte.
Poteva essere consumata fresca nella forma di una pappina simile alla polenta,
oppure essiccata, prendendo la forma di una galletta. In questo caso si poteva
usare anche come piatto di portata. La dieta suggerita dal famoso medico
Ippocrate, comprendeva, oltre alla maza, anche il kykeon, una bevanda anche
questa a base di orzo con aggiunta di acqua ed erbe aromatiche, considerata
sacra e utilizzata nei rituali dedicati al culto di Demetra e Persefone. Il
pane era fatto con farine di svariati tipi di cerali e cotto in forni di
argilla. Come adesso, anche allora esistevano i pani di farina bianca e
integrale, così come lievitati, con un lievito di vino, o azzimi. In
alternativa al pane si potevano trovare vari tipi di focacce a volte miscelate
con formaggio o miele. Quest’ultimo era il dolcificante per eccellenza e la sua
raccolta era codificata da precise leggi.
Le verdure venivano servite
come condimento ai cereali. Sulle tavole degli antichi greci si potevano
trovare cavoli, cipolle, lenticchie, fave, piselli, ceci, solo per elencarne
alcuni. Le verdure non venivano però consumate fresche, come facciamo noi oggi.
Dato che erano considerate dei condimenti, venivano bollite o consumate in
forma di zuppa o di purè, con aggiunta di olio, aceto, erbe aromatiche e garon,
che era una salsa a base di pesce. Esistevano inoltre delle preferenze
all’interno delle classi sociali, riguardo il consumo di verdura. Per esempio,
dato che la verdura fresca era molto costosa, questa era riservata alle classi
più ricche, mentre i più poveri mangiavano legumi secchi. Il pasto dei
lavoratori era costituito soprattutto da zuppa di lenticchie, mentre ai soldati
venivano somministrate in modo particolare le cipolle, al punto che pare che
gli stessi soldati si portassero in giro questo odore. Quanto alla frutta, i
Greci erano soliti mangiarla fresca; come antipasto si offrivano olive, mentre
fichi, uva e melograno, si consumavano a fine pasto.
Il consumo di carne era
direttamente proporzionale alle possibilità economiche. Solo i grandi
proprietari terrieri potevano permettersi animali d’allevamento, come capre,
pecore e maiali. A proposito di questi ultimi, già era in uso la lavorazione
della carne per le salsicce. Il piatto tipico di Sparta era il ‘brodo nero’,
uno stufato di maiale servito con maza, fichi e formaggio, a volte accompagnato
da selvaggina o pesce. I contadini potevano avere animali da cortile quali oche
e galline e nelle campagne ci si poteva procurare con la caccia, lepri e
selvaggina. Il consumo di carne fresca era spesso accompagnato da rituali che
prevedevano sacrifici animali. Riferendoci ancora ad Ippocrate, nella sua dieta
la carne non era tra gli alimenti principali e sconsigliava quella di bue,
considerata molto indigesta. D’altra parte, anche oggi nella piramide della
dieta mediterranea, la carne non ha un posto di rilievo; si consiglia il
consumo di due sole porzioni settimanali. Il pesce era molto diffuso nelle
isole e costituiva la base della loro dieta, ma anche della loro economia, con
il trasporto e la vendita sulla terra ferma. Le varietà di pesce erano molte;
il più costoso era il tonno, mentre il più economico era lo skaren,
probabilmente il pesce pappagallo. Altre varietà fra le più pescate e consumate
erano le razze, le triglie, il pesce spada, i pesci d’acqua dolce, come tinche,
carpe e lucci, nonché diverse varietà di molluschi.
Chi allevava animali da
cortile, aveva anche la possibilità di consumare le uova. Secondo il medico
Galeno, le uova erano molto importanti nella dieta delle persone anziane. Le
uova di galline e quaglia erano le più consumate, come del resto oggi. Inoltre,
anche allora le uova venivano utilizzate come ingrediente per la preparazione
di altri cibi, specialmente dolci. Dal latte, bevuto soprattutto nelle
campagne, molto meno nelle città, si ricavano formaggi di capra o pecora molto
simili agli yogurt, come l’oxigala che si consumava in genere col miele, o il
pyriatè, simile alla ricotta.
Parliamo ora delle
bevande. Naturalmente in primis c’era l’acqua, il cui rifornimento era compito
delle donne di casa. Pozzi e sorgenti non mancavano e i Greci avevano anche una
rudimentale classificazione delle acque. Il medico Ippocrate però sconsigliava
di bere acqua semplicemente, consigliando invece di aggiungere un po' di aceto,
per renderla più digeribile. Il vino era una bevanda importante e molto
consumata. Già allora esistevano i vini rossi, bianchi e rosé e i vini migliori
venivano dalle isole di Taso, Lesbo e Chio. Famoso è anche il vino di Creta i
cui vitigni, portati in Italia dai Veneziani, hanno dato origine alla Malvasia di
Candia aromatica, che ha attecchito in modo particolare nelle zone collinari
del Parmense e del Piacentino. Generalmente il vino veniva bevuto allungato con
acqua, perché si pensava che bere il vino puro portasse alla pazzia.
Probabilmente la gradazione alcoolica dei vini era più alta rispetto a quella
di oggi. Basti pensare ai riti delle Baccanti in onore del dio Dioniso, in cui poteva
succedere di tutto, anche che ci scappasse il morto. Al vino venivano
attribuite anche qualità terapeutiche, cosa alquanto discutibile. Il consumo
era riservato agli uomini in quanto si considerava disdicevole che una donna
bevesse vino, tranne a Sparta, dove le donne lo potevano bere abitualmente. I
vini destinati al consumo personale venivano conservati in otri animali, mentre
quelli destinati alla vendita venivano travasati in anfore sigillate. Alcuni
vini d’annata erano prodotti da magistrati che ne garantivano l’origine: né più
né meno che la nostra Denominazione d’Origine Controllata.
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