Rivista di divulgazione turistica ed enogastronomica a cura di Alberto Zanichelli

STORIA DEL CIBO: GLI EBREI NELLA BIBBIA.


Nella Bibbia, tanto nel Vecchio quanto nel Nuovo Testamento, si trovano numerosi riferimenti al cibo e da qui si evince qual era l’alimentazione del popolo ebraico lungo i secoli raccontati nei vari libri che compongono il testo sacro. Da sottolineare che nella tradizione ebraica il cibo era considerato principalmente come momento di convivialità e condivisione, piuttosto che come nutrimento, come necessità essenziale per vivere.

Di cibo già si parla nella Genesi, quando Adamo ed Eva vivevano nell’Eden e potevano usufruire di tutto quello che c’era, tranne dell’albero della Conoscenza. Da alcuni passi di questo primo libro della Bibbia, si può pensare che all’inizio dei tempi gli esseri umani fossero vegetariani e così anche tutti gli animali. Si pensa inoltre che l’uomo abbia iniziato a mangiare carne dopo il Diluvio Universale, dal momento che la vegetazione era scomparsa, mentre Noè aveva salvato tutte le specie animali. Dal libro dell’Esodo invece sappiamo che il cibo principale del popolo ebraico era il pane. Leggendo l’episodio della fuga dall’Egitto, possiamo vedere dettagliatamente la cena che gli Ebrei hanno consumato, la notte prima della loro partenza. Qui si parla di pane azzimo, cioè non lievitato, perché non c’era il tempo per far lievitare il pane. Da questo la tradizione della vigilia di Pasqua, vigente ancora oggi almeno fra gli ebrei ortodossi, di mangiare pane azzimo, erbe amare e carne di agnello, esattamente come al tempo di Mosè.

Il pane dunque era l’alimento che non poteva mancare mai sulla tavola degli Ebrei in tutta la loro storia. È perciò evidente che in Palestina si coltivava grano anche se non era l’unico cereale utilizzato dagli Ebrei; nella Bibbia si fa riferimento anche alle lenticchie e all’orzo. Ci dice la Genesi che Isacco era un coltivatore e un cacciatore e quindi si nutriva anche di cacciagione. Il padre, Abramo, era un allevatore e la carne faceva parte della sua dieta, in particolare la carne di vitello, che lui stesso ha offerto agli Angeli del Signore, durante la loro visita. Della carne di vitello si parla anche nel Nuovo Testamento e precisamente nella parabola del Figliol Prodigo; il padre fa uccidere un vitello per festeggiare il ritorno a casa del figlio. Possiamo pensare inoltre che dal bestiame d’allevamento gli Ebrei ricavassero anche latte e derivati e che dunque anche questi facessero parte delle loro abitudini alimentari.


Parlando del Nuovo Testamento e riferendoci in particolar modo ai Vangeli, vediamo quanto spesso si parli di cibo e banchetti. La vita pubblica di Gesù è iniziata con le nozze di Cana, quindi durante un banchetto nuziale ed è terminata con l’ultima cena, quindi con un pasto. Spesso poi Gesù veniva invitato a mangiare da qualche suo seguace, anche se questi banchetti non vengono descritti. Gli elementi principali che non mancano mai nei momenti di convivialità, sono il pane, il vino e il pesce. Chiunque conosce l’ultima cena, anche molti atei e sa bene che il pane e il vino sono stati gli elementi portanti di quell’avvenimento e che hanno assunto un significato simbolico molto profondo, diventando per i Cristiani il corpo e il sangue di Gesù. Ma nei Vangeli troviamo varie volte anche il pesce, come cibo e come simbologia. Basti pensare all’episodio della pesca miracolosa o a quello della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Negli anni delle persecuzioni cristiane il pesce era il simbolo di riconoscimento fra i Cristiani stessi. La traduzione greca della parola pesce diventava l’acronimo di ‘Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore’ e il disegno di un pesce su una porta, un tavolo o altro, indicava ai Cristiani la presenza di altri Cristiani.

Altri prodotti che rientravano nella dieta degli Ebrei erano le olive e il loro olio. L’olio d’oliva era utilizzato sia come cibo che come alimento che per la cottura. Ed è proprio in un uliveto, nel Getsemani, che avviene la cattura di Gesù dopo l’ultima cena. Gli Ebrei consumavano anche il miele selvatico, ma c’è da pensare che non praticassero l’apicoltura o per lo meno le Sacre Scritture non ne parlano. Nei Vangeli si descrive la figura di Giovanni Battista come di uno che si nutre di cavallette. Questo cibo peraltro veniva consumato anche dai popoli della Mesopotamia, quindi nei tempi antichi non era poi così raro mangiare insetti. Probabilmente se ne nutrivano anche i lebbrosi che erano costretti a vivere al di fuori delle città, in zone isolate e desertiche.


Le leggi ebraiche specificavano anche quello che non si poteva mangiare. Era proibito non solo mangiare, ma anche toccare carne di maiale, di lepre, di cammello, di topo, di lucertola, varie specie di uccelli e di insetti, eccezion fatta per cavallette e locuste, come abbiamo visto. È molto probabile che queste prescrizioni derivassero da esigenze igieniche, così come la pratica della circoncisione. In tempi moderni comunque queste prescrizioni vengono ancora seguite ed esiste un vero e proprio mercato dei prodotti ‘kosher’, cioè quei prodotti definiti idonei secondo i dettami della ‘kasherut’, basata sulla Torah, il massimo riferimento della religione ebraica. Fra i prodotti nati in questo ambito, c’è anche il Parmigiano-Reggiano kosher, nella cui produzione sono coinvolti anche gli stessi rabbini.

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