Nella serata di mercoledì 16 marzo, presso l’Osteria dei
Mascalzoni a Parma, si è svolto un evento enogastronomico di prim’ordine. Il titolo
della serata era ‘Culatello & Champagne’.
Bisogna dire che si tratta di due specialità che hanno una cosa in comune: l’essere le migliori nel loro settore. Il culatello è considerato il re dei salumi e lo champagne è il re dei vini. Il loro incontro è quindi da definirsi regale. Lo chef Filippo Cavalli ha presentato le sue specialità gastronomiche abbinate agli champagne della maison Comte de Montaigne, una nuova casa di produzione, che coltiva i suoi vitigni nella parte sud della zona di produzione dello champagne e che ha scelto di confrontarsi con i prodotti tipici dl parmense.
La serata è iniziata con una premessa da parte dello chef che ha specificato di non avere mai provato prima questo abbinamento fra le sue specialità gastronomiche e lo champagne. Si trattava pertanto di un azzardo, sebbene, e questo è una mia personale considerazione, che quando i prodotti sono di qualità, possono convivere tranquillamente. C’è stata poi una presentazione enologica in cui sono stati presentati a grandi linee i tre tipi di champagne che avremmo assaggiato durante la cena. Tutti avevano cinque anni di invecchiamento e si andava dallo Chardonnay classico al Pinot Nero.

Come benvenuto dello chef, ci sono state servite delle
polpettine di salame fritto su crema di patate, accompagnate dal primo
champagne, un Blanc de Blancs 100% Chardonnay. È il tipico bianco che spesso
viene servito nei brindisi di Capodanno e comunque nella feste, ma la cosa
interessante è che anche le bollicine possono accompagnare un pasto dall’inizio
alla fine e non necessariamente accompagnare solo il dessert, come si potrebbe
pensare. Credo che sia stato anche questo uno degli intenti degli organizzatori
dell’evento. Rimanendo con lo Chardonnay, siamo poi passati al primo piatto di
culatello della serata: un 24 mesi di stagionatura, accompagnato dalla classica
torta fritta. Diciamo che è stato questo il
momento principale in cui le specialità del posto incontravano una
produzione tipicamente francese. Noi parmigiani conosciamo perfettamente la
torta fritta e giustamente siamo abituati a mangiarla con accompagnamento dei
salumi locali (non solo culatello), ma soprattutto con un bicchiere di
lambrusco. Devo dire che l’abbinamento con lo champagne è comunque gradevole.

Vorrei fare una piccola divagazione sul culatello: secondo la
Confraternita del Culatello Supremo, cha ha sede a Soragna presso la Rocca
Meli-Lupi, il culatello deve essere gustato con tutti i sensi. Si deve toccare
(si mangia con le mani), guardare il colore, odorarne i profumi, infine
gustarne il sapore, senza togliere il grasso, cosa che io invece facevo sempre.
Lo Chardonnay comunque ci aiuta a pulire la bocca per apprestarci alla seconda
portata: ancora culatello, ma stavolta con 30 mesi di stagionatura, accompagnato
da pan brioche e burro d’alpeggio e abbinato ad un Brut, Pinot Nero al 70% e
Chardonnay al 30%. La differente stagionatura si può apprezzare nel colore e
nei profumi, oltre che nel sapore. Trovo il gusto di questo secondo culatello
più intenso e riesco anche ad apprezzare meglio questo diverso abbinamento con
il vino.
Il culatello compare ancora nella successiva portata: un riso
ai porri e culatello di Zibello. Si tratta di un ottimo risotto, in cui i porri
danno quel gusto in più e il culatello, sebbene più decorativo che altro fa
comunque la sua parte e la sua figura. L’abbinamento enologico stavolta è l’esatto
contrario della prima portata: un Rosé de Saignée al 100% Pinot Nero. Solo a
mio personalissimo gusto, questo è il vino che ho apprezzato di più e che sta
benissimo col riso. Per finire il dessert: una favolosa torta Duchessa di Parma
(una base di biscotto con crema di cioccolato) abbinato ad un Verduzzo, un
passito friulano che si adatta perfettamente al dolce.

Una serata unica, conclusa con un caffè, nella speranza di contrastare
in qualche modo il vino bevuto durante la cena. Il prezzo? No, questo non lo dico,
ma posso garantire che ne è valsa la pena. Del resto, si trattava di un momento
unico che non so se e quando si ripeterà. In conclusione, vorrei dire che l’azzardo
gastronomico ha avuto un ottimo risultato.
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